De antiquissima Italorum sapientia ex linguae Latinae originibus eruenda libri tres..., Neapoli, ex typographia F. Mosca, 1710. Attraverso l’analisi etimologica di alcuni termini latini, Vico intende ritrovare un antico sapere italico, o pitagorico, e anzitutto una dottrina metafisica capace di dare alla fisica moderna un fondamento più saldo di quello proposto dai cartesiani, della materia come mera estensione. La realtà e i corpi sono invece costituiti da punti metafisici indivisibili (conatus), capacità indefinita di moto e centri di forza generatori dell’universo fisico. Tali sono non tanto i generi e le specie di Aristotele, quanto le idee e gli universali di Platone, che Vico rivaluta a discapito del precedente sincretismo filosofico. E poiché criterio del vero e della scienza perfetta è non l’idea chiara e distinta di Cartesio, ma la capacità stessa di creare (verum et factum convertuntur), soltanto Dio conosce la realtà nelle sue intime strutture, mentre l’uomo può eguagliarlo esclusivamente nelle matematiche, che ha costruito da sé a partire dai concetti elementari di unità e di punto. Certezza di gran lunga inferiore ottengono la fisica, dove bisogna insistere negli esperimenti tesi a ricreare i processi naturali, nonché la morale, regno dei mutevoli moti dell’anima. Cliccare qui per accedere direttamente al testo Nota editoriale Nella trascrizione del testo, ci si è attenuti ai seguenti criteri: |
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Attraverso l’analisi etimologica di alcuni termini latini, Vico intende ritrovare un antico sapere italico, o pitagorico, e anzitutto una dottrina metafisica capace di dare alla fisica moderna un fondamento più saldo di quello proposto dai cartesiani, della materia come mera estensione. La realtà e i corpi sono invece costituiti da punti metafisici indivisibili (conatus), capacità indefinita di moto e centri di forza generatori dell’universo fisico. Tali sono non tanto i generi e le specie di Aristotele, quanto le idee e gli universali di Platone, che Vico rivaluta a discapito del precedente sincretismo filosofico. E poiché criterio del vero e della scienza perfetta è non l’idea chiara e distinta di Cartesio, ma la capacità stessa di creare (verum et factum convertuntur), soltanto Dio conosce la realtà nelle sue intime strutture, mentre l’uomo può eguagliarlo esclusivamente nelle matematiche, che ha costruito da sé a partire dai concetti elementari di unità e di punto. Certezza di gran lunga inferiore ottengono la fisica, dove bisogna insistere negli esperimenti tesi a ricreare i processi naturali, nonché la morale, regno dei mutevoli moti dell’anima.